Roberto Bombarda - attività politica e istituzionale | ||||||||||||||||||||||||||||
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Trento, 20 gennaio 2006 I bambini di Bamako, capitale del Mali, corrono felici, guardano con curiosità i diecimila partecipanti alla marcia per la giustizia che apre la sesta edizione del world social forum, la prima volta di questo evento mondiale in Africa. Corrono a farsi fotografare, ad ascoltare i tamburi del Burundi, il corpo di ballo del Burkina Faso, le maschere rituali dei Dogon. E’ un giorno diverso per loro, chissà se si ricorderanno questi momenti, se potrà servire a qualcosa, a migliorare le loro vite. Il Mali é uno dei paesi più poveri del mondo: qui un quarto dei nati non raggiunge i cinque anni di vita, l’aspettativa alla nascita è di poco superiore ai quarant’anni ed è peggiore rispetto al 1990. Ogni donna, in media, partorisce 6 figli, oltre metà della popolazione non dispone di acqua potabile e meno della metà dei giovani completa gli studi, con le bambine chiaramente più penalizzate. Com’é lontana Porto Alegre e come appaiono distanti i nostri problemi ! Bamako diventa dunque il tentativo di dare un nuovo slancio ai temi del social forum, coinvolgendo dal basso la società civile, i movimenti sociali del continente più martoriato, tutte quelle persone che non hanno la possibilità di viaggiare, di raccontare al mondo il dramma di paesi ricchi di risorse e di umanità, ma drammaticamente esclusi dall’economia globale. E’ forse questo uno dei compiti più importanti del social forum: far incontrare persone di continenti diversi, creare scambi di conoscenze e di informazioni, condividere posizioini. Insomma, costruire ponti, come diceva Alex Langer, per affermare che sì, un altro mondo è possibile se solo lo vogliamo. Come un rito che si ripete, anno dopo anno, sfilano i guru del movimento no global, ma la loro non è che l’avanguardia. Dietro c’è il lavoro silenzioso e faticoso delle associazioni, delle Ong, delle organizzazioni dei lavoratori. Il social forum va ben oltre la semplice protesta contro il sistema imperialista che vede negli Stati Uniti il lader indiscusso della nostra epoca e contro gli strumenti che secondo i movimenti strangolano i paesi più poveri del pianeta, WTO, Banca mondiale, FMI. Infatti a Bamako non c’é alcuno striscione, ne’ alcun canto ironico od offensivo rivolto a Bush. Anche in questo Porto Alegre appare lontana. E quando tra pochi giorni calerà il sipario su Bamako si alzerà quello su Caracas, Venezuela, in una sorta di staffetta che troverà infine conclusione a Karachi, in Pakistan. E’ una delle novità più rilevanti del WSF 2006, una soluzione policentrica attraverso la quale poter affrontare più da vicino i dieci assi tematici, dalla pace al commercio internazionale, dai diritti umani alla cultura, dalla distruzione dell’ecosistema alla condizione femminile, dal liberismo economico al nuovo ordine internazionale. Un insieme di decine conferenze, workshop, seminari assai ben collaudato nel corso delle precedenti edizioni e che anche in Africa, nonostante tutto, sembra reggere l’urto della presenza di centinaia di persone da tutto il mondo. Per costruire l’evento di Bamako hanno lavorato circa 300 associazioni africane, alcune centinaia quelle dagli altri continenti. C’è anche l’Italia, ovviamente, anche se gli italiani sono obiettivamente pochi, dati i problemi logistici. Ci sono forze sindacali, politiche, associazioni come Arci e Legambiente, ma pure nuove realtà come la Water right foundation che proprio in Mali punta a realizzare nuovi acquedotti e servizi idrici. Già, perchè il confronto sui beni comuni è molto serrato anche in questo paese. Come ci racconta una giovane di Bamako residente da anni in Italia, i sostegni internazionali puntano alla riduzione del debito pubblico anche attraverso la privatizzazione di beni e servizi essenziali, come l’acqua o l’istruzione. Cosi’ la scuola pubblica, per tutti, resta un miraggio e per chi non ha nulla l’unica alternativa rimane la scuola coranica, perchè anche qui, nonostante ci sia in mezzo il Sahara, arrivano i fondi dai paesi arabi. Ecco perchè al Forum non partecipano il presidente od i ministri del Mali, nonostante un sostegno governatvo di 300 mila euro (una cifra comunque considerevole per un paese cosi’ povero). Piuttosto, raschiando il fondo del barile, il Mali ha avviato forme di collaborazione pure con la Libia. La marcia si chiude in uno stadio, tutto il mondo è paese, anche qui il calcio serve a costruire identità ed unità nazionale. La città torna a buttarsi nel suo traffico caotico, con gli innumerevoli scassatissimi taxi collettivi di colore verde smeraldo, con motorini ovunque che rendono l’aria irrespirabile, con bancarelle e negozietti improvvisati che invadono le strade sterrate (solo le vie principali sono infatti asfaltate) e gli stessi marciapiedi che, all’imbrunire, diventano il dormitorio per centinaia di persone. Questa è l’Africa, signori. Altro che romanzi. Un continente strapieno di giovani, una miccia accesa sul mondo ed anche sul nostro futuro. Anche per questo i social forum sono comunque utili, pur rimanendo aperto il dibattito sulla loro reale efficacia. Ci aiutano a capire che non siamo soli, che non basta chiudere le dogane, che peraltro non ci sono più… che la barca è una sola e che non possiamo, non dobbiamo farla affondare. Perchè i nostri figli sono anche i bambini di Bamako e di tutte le favelas del mondo. Che il futuro del piccolo lustrascarpe scalzo, dell’arrotino dal sorriso radioso, della bimba che rincorre un fratellino nudo dipende anche dalle scelte che prendiamo o meno in quello che appare come il « ponte superiore » della nave. Ci ricorda insomma che serve cooperazione vera, quella con la « c » maiuscola, che non punta sui tornaconti o sulle rendite di posizione ma aiuta a crescere dal basso, con il microcredito, con il commercio equo e solidale, con la pretesa del rispetto dei diritti universali. E con regole più giuste, che possano consentire anche a chi è partito dopo di camminare con la testa alta. Se si vogliono comprendere certe analisi sulla decrescita, bene, ci si accomodi pure in Africa. Cade qualche goccia di pioggia: a Bamako, di questi tempi, è una sfida al clima ed alla statistica. Forse sta veramente cambiando qualcosa. L’acqua che cade, cosi’ come il social forum, puo’ portare comunque beneficio. Speriamo che per i bambini di Bamako, da oggi, la vita possa cambiare in meglio. |
ROBERTO
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